[BlogTour] Il profumo della mimosa - Intervista all'autrice Claudia Musio


Buongiorno lettori e lettrici, siamo giunti alla quinta e ultima tappa del bellissimo BlogTour dedicato al romanzo di Claudia Musio "Il profumo della mimosa", edito da La Zattera. Oggi conosciamo meglio la scrittrice, la città di Cagliari, e affrontiamo con lei l'annoso problema della emancipazione femminile. Non perdetevela. E ricordatevi che alla fine troverete una bellissima sorpresa! Buona lettura!

1. Parlaci un po’ di te, qualcosa di Claudia che non troviamo nella biografia presente nel tuo romanzo e che vorresti far conoscere ai lettori.
Nella biografia del mio romanzo si dice che io sia un ingegnere elettrico prestato all’informatica. Questo è vero, ma è solo una parte di ciò che sono realmente. Sono un’anima in perenne lotta tra la passione per la scienza e quella per la letteratura, anche se credo che questi due aspetti non necessariamente debbano andare in contrasto. Amo tantissimo i romanzi storici che parlano di donne, non per niente sono la prima a scriverli! Scrivo da sempre, e prima di scrivere disegnavo per dare voce e vita alle mie storie. Molti si chiedono come sia possibile essere ingegneri e scrittrori, io penso che sia più facile di quanto si creda: l’ingegneria si basa su un metodo e io uso questo metodo per costruire le mie storie in modo rigoroso e, quando si parla di Storia, che rispetti ciò che è accaduto realmente, integrando la mia storia con quella con la S maiuscola.
2. All’inizio del romanzo è presente una bellissima poesia, dedicata alle donne. Come è nata? 
La poesia all’inizio del romanzo è di Maria Musio, mia zia e figlia di mia nonna, Lisetta Aramu, la donna che ha ispirato il mio romanzo. Mia zia mi fece leggere questa poesia quando le consegnai la prima stesura del mio romanzo perché lei fosse tra le prime a leggerla. Di quella poesia mi innamorai. E decisi che avrebbe aperto il romanzo e gli avrebbe dato il titolo. In quelle righe c’è il senso di tutta la mia storia, c’è l’anima di chi l’ha ispirata, quel concetto fondante per il quale lo studio e la cultura sono gli unici strumenti tramite i quali si può raggiungere la vera emancipazione.
3. A chi ti sei ispirata per il personaggio di Elisa? Quanto c’è di te nella protagonista?
Come ho scritto in precedenza, la protagonista Elisa è ispirata alla figura di mia nonna paterna, Lisetta Aramu. Conoscevo mia nonna solo per il suo essere stata la bidella del paese, ma poi, grazie a dei documenti trovati per caso, ho scoperto che questa donna era molto, molto di più. Era una donna che credeva nello studio e nella cultura come strumenti di libertà, e che, in una società come quella degli anni Cinquanta che lasciava poco spazio alla realizzazione femminile e al riconoscimento dei diritti civili (di tutti in questo caso), aveva lottato, impegnandosi socialmente e politicamente, perché i più deboli, e in particolare le donne lavoratrici, fossero tutelati. Quando ho creato il personaggio di Elisa, ho voluto darle quello stesso spirito pieno di coraggio, orgoglio e tenacia. Ho voluto che fosse un personaggio pronto a sfidare i veti di una società che vedeva le donne solo come mogli, madri o suore. Che poi, a ben guardare, Elisa è anche tutte le donne che non si arrendono, che si rialzano dopo che la vita le ha prese a pugni, che continuano a sognare e a lavorare duramente perché i loro sogni si realizzino. Io stessa mi ritrovo in Elisa, perché faccio un mestiere considerato maschile e perché ho conquistato il mio lavoro usando quella stessa tenacia.
4. Il romanzo è ambientato parzialmente a Cagliari, città che pochi conoscono, ma che fa innamorare chiunque la visiti. Cosa significa per te questa città?
Cagliari è la mia città d’adozione, è la città dei miei studi e del mio lavoro. Per chi come me viene dal paese, Cagliari è la Casteddu dei racconti dei nonni, quel luogo in cui tante ragazze andavano a servizio per aiutare la famiglia a sopravvivere. La Cagliari di Elisa è forse quella più bella, quella più vivace. È la Cagliari non ancora sventrata dai bombardamenti, ricca di cultura, dai teatri affollati, come il Teatro Politeama, dove la padrona di Elisa va spesso, facendosi accompagnare dalla bambina. La Cagliari di quegli anni è molto affascinante ed è stato bello ed emozionante ricrearla nella mia storia. Quel fascino lo mantiene ancora adesso e sono d’accordo che, una volta conosciuta, Cagliari diventa un ricordo nel cuore che non svanisce.
5. Uno degli argomenti più importanti è l’emancipazione femminile. Sicuramente dai tempi di Elisa abbiamo fatto moltissimi passi avanti, ma pensi ci sia ancora strada da fare?
Sicuramente sono stati fatti molti passi avanti dagli anni Cinquanta, ma ne restano ancora moltissimi da fare. Sono cambiamenti che riguardano soprattutto l’ambito dell’educazione e della cultura. Mi è capitato, per lavoro, di parlare ai ragazzi della mia azienda e di convincerli che la professione dell’informatico non è un mestiere maschile e che abbiamo un disperato bisogno anche del contributo delle ragazze. Quando si arriva a trasmettere questo messaggio significa che c’è un problema di fondo nella comunicazione e nell’educazione, perché nessuna ragazza dovrebbe sentirsi ‘fuori posto’ studiando ingegneria o informatica, e men che meno dovrebbe sentirsi dire “ma questo è un lavoro da uomini!”. C’è ancora tanto lavoro da fare quando penso ai condizionamenti mentali che una ragazza subisce da quando è piccola, con i negozi che dividono i giocattoli per genere, assegnando le cucine alle femmine e i droni ai maschi, senza che nessuno trovi assurda questa distinzione. Per me, quindi, l’obiettivo più importante che resta da realizzare è quello di far sì che una ragazza, e il resto della società con lei, pensi che può fare tutto perché è capace di tutto. E che l’essere donna sia un punto di forza piuttosto che una penalizzazione in termini di stipendio e gratificazioni.
6. Tornando a te, quali sono i tuoi libri preferiti? C’è un libro che ti è rimasto nel cuore e vorresti suggerire ai lettori?
I miei libri del cuore sono due. Il primo, che mi ha spinto a scrivere e che ha acceso la mia passione per l’Antico Egitto, è Il dio del fiume di Wilbur Smith. Scoprii questo libro quando avevo appena tredici anni e da allora è rimasto un caposaldo della mia libreria. Wilbur Smith, in generale, è il mio punto di riferimento per le descrizioni dei luoghi, che, ne Il dio del fiume, sono meravigliose. Il mio secondo libro del cuore è Jane Eyre di Charlotte Bronte. Amo questo romanzo per la forza della sua protagonista, per il suo orgoglio e la sua modernità. Anche Jane Eyre combatte per trovare il suo posto nel mondo, per scegliere sempre liberamente e, soprattutto, per farsi riconoscere, come pari, dall’uomo che ama, indipendentemente dalla sua classe sociale. Jane Eyre è intelligente e ama la cultura. Per me è un simbolo di modernità e libertà.
7. L’ultima domanda è, invece, per tutti gli scrittori giovani che so che seguono i blog. Penso che farsi conoscere e pubblicare oggi sia molto difficile. Hai dei consigli per loro? 
A chi ama scrivere e spera un giorno di trasformare la propria passione in lavoro dico questo: siate sempre realisti, pronti a cogliere ogni occasione per crescere e maturare. Create collaborazioni con altri autori o con chi lavora in questo settore, non abbiate mai paura di confrontarvi coi lettori, né di ricevere critiche. Si migliora proprio con i commenti negativi, perché mostrano aspetti del proprio romanzo che erano deboli e possono magari essere migliorati. E soprattutto non cedete alla trappola di chi vi propone una pubblicazione a pagamento. Sono pubblicazioni che non rispettano né voi né chi vi leggerà. Un editore che crede davvero nel suo autore investe su di lui, perché la realizzazione di entrambi va di pari passo. Quindi: passione, orgoglio del proprio lavoro ma umiltà nell’accettare le critiche e tanto lavoro per migliorarsi. 

Seguendo le istruzioni del Giveaway, uno di voi potrà vincere una copia autografata del romanzo! Che aspettate? Avete tempo fino al 18 Marzo 2018! In bocca al lupo!

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Commenti

  1. Bellissimo articolo. Ho avuto il piacere di andare alla presentazione del libro nel paese di origine dell'autrice (che è anche il mio) ed è stata una bellissima esperienza. Il libro è meraviglioso e commovente, la storia di una bambina che non si piega alle convenzioni sociali e diventerà l'esempio per molte altre donne con la sua tenacia e la voglia di giustizia. L'intervista dà quel qualcosa in più sulla scrittrice che al lettore curioso fa sempre piacere! Grazie

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